Cateteri Venosi Centrali ad alto flusso: Ottimizzare la cura nei Pazienti Critici

Virna Di Paolo

20 Nov, 2023

Nelle sale operatorie, nei dipartimenti d’emergenza e nelle terapie intensive molto spesso si ha a che fare con pazienti critici, in cui diviene necessaria l’ottimizzazione emodinamica attraverso l’utilizzo dei corretti device.

L’instabilità emodinamica, tipica di questa tipologia di pazienti, a volte può richiedere rapide infusioni di grossi volumi di fluidi.

Per molto tempo, quando i pazienti richiedevano grossi volumi di fluidi o di sangue, si utilizzavano cannule o CVC di grosso calibro per assicurarne una veloce somministrazione di questi prodotti. Oggi, grazie alla presenza di CVC multilume con un lume ad alto flusso, è possibile evitare incannulamenti intravascolari extra, assicurando l’infusione di fluidi e di emoderivati il più rapidamente possibile e con una portata significativa. Com’è noto, l’incannulamento venoso centrale è un’operazione delicata e con elevate percentuali di insuccesso  e per ridurre il rischio di danni vascolari legati al mal posizionamento del catetere, è opportuno implementare le adeguate tecniche di posizionamento.

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Per approfondire leggi l’articolo: “9 vantaggi dell’incannulamento venoso centrale tramite la tecnica dell’ecg intracavitario”.

Perché scegliere un CVC ad alto flusso?

Infatti, spesso si ha a che fare con pazienti in cui il patrimonio venoso è scarso o carente, motivo per il quale è necessario tutelarlo e preservarlo nel miglior modo possibile. L’utilizzo di un CVC ad alto flusso può risolvere questo problema, evitando l’utilizzo di altri accessi vascolari e riducendo il rischio infettivo ad essi associato, che, come è noto, aumenta all’aumentare del numero di accessi venosi. Inoltre, utilizzare un unico CVC agevolerebbe lo stesso clinico nel trattamento del paziente. Infine, si ridurrebbero anche i costi, utilizzando un catetere per la durata della fase acuta dell’individuo da trattare.

Quanti lumi prediligere per un CVC ad alto flusso?

Scegliere il CVC con un adeguato numero di lumi è di fondamentale importanza per la corretta riuscita della terapia. Spesso, si opta per cateteri a 3 o 4 lumi, pensando di ridurre il rischio infettivo. In realtà, questa scelta potrebbe risultare non opportuna, in quanto i pazienti critici richiedono molte terapie e infusioni; quindi, ci si potrebbe ritrovare ad avere un CVC con un numero di lumi insufficiente per eseguirle tutte. Inoltre, altri rischi sono:

  • Interazione tra i farmaci con effetti avversi
  • Occlusione della linea dovuta alla cristallizzazione dei farmaci
  • Dare la priorità ad alcune infusioni rispetto ad altre come l’insulina o le vitamine
  • Inserire un ulteriore accesso venoso aumenta il rischio di CRBSI
  • Ritardo dell’infusione del farmaco.

Quali sono i pazienti target che necessitano di importanti e rapide somministrazioni di fluidi?

Nel primo caso, ad esempio, dopo un incidente stradale, il paziente viene trasportato velocemente in anestesia ed emergenza. Si tratta di pazienti che, prima della ospedalizzazione, hanno grosse perdite di volumi di sangue e liquidi. È importante iniziare una rapida infusione di fluidi il prima possibile dopo il trauma, per far sì che si ripristini velocemente l’adeguata perfusione tissutale. Nei pazienti traumatizzati, infatti, lo scopo della terapia fluidica è minimizzare il numero di cellule danneggiate irreversibilmente, ripristinando rapidamente la perfusione dei tessuti e il trasporto di ossigeno; se la DO2 non viene subito ottimizzata, il rischio è quello di incorrere nel fallimento irreversibile delle membrane cellulari, provocando danneggiamento degli organi e successiva morte.

Nel secondo caso, la chirurgia maggiore può sottoporre a stress gli organi vitali, in particolare l’addominale richiede un lungo intervento e comporta un rischio maggiore di emorragia importante, per cui la presenza di un CVC ad alto flusso permetterebbe la rapida somministrazione di sangue e di fluidi per mantenere stabile il paziente.

Allo stesso modo, durante i trapianti si riscontra non raramente la necessità di ricorrere a trasfusioni di sangue, soprattutto nel caso di trapianti più complessi (di fegato, di cuore, di polmoni) per rimpiazzare le perdite ematiche e garantire un adeguato equilibrio emodinamico.

Infine, la condizione di shock cardiogeno è una situazione d’emergenza che richiede una immediata fluid resuscitation prima che lo shock danneggi in modo irreversibile gli organi vitali.

Quali sono le caratteristiche di un CVC ad alto flusso?

  • Si tratta di cateteri venosi centrali, che vengono generalmente inseriti in vene grandi e comprimibili, come la giugulare interna o esterna o la succlavia.
  • Dovendo garantire elevati flussi, il diametro di questi CVC varia dai 9 ai 12 French.
  • In termini clinici, viene definito alto flusso una portata uguale o maggiore di 150 ml/min.
  • L’utilizzo tipico dei lumi è: distale per la misurazione della PVC, mediale/mediali per supporto farmacologico terapeutico, prossimale per sangue, emoderivati, cristalloidi, colloidi somministrati ad alti flussi.
  • Sono adatti anche ad infusioni di mezzi di contrasto ad alte pressioni (CT-rated o power injectable).

Quali sono le infusioni maggiormente utilizzate negli alti flussi per la reintegrazione fluidica?

In caso di grosse perdite di fluidi, va ripristinata velocemente la volemia per ristabilire la gittata cardiaca e consentire adeguati offerta e consumo di ossigeno. Diventa, quindi, necessario, ripristinare il volume intravascolare e dello spazio interstiziale, in quanto avviene deplezione del primo volume e ridistribuzione dei fluidi dall’interstizio verso i capillari (deficit di fluido interstiziale) e, per farlo, si utilizzano solitamente soluzioni di cristalloidi, colloidi, sangue o sostituti ematici.

Le soluzioni di cristalloidi per il ripristino del volume intravascolare e dello spazio interstiziale sono generalmente isotoniche (ad esempio soluzione fisiologica allo 0.9% e Ringer lattato). Si tratta di soluzioni che diffondono per l’80% del volume nello spazio interstiziale; solo una piccola quantità resta all’interno del sistema vascolare. Hanno un effetto di volume di breve durata e si devono infondere volumi molto superiori rispetto a quelli perduti.

I colloidi (ad esempio destrani, albumina e gelatine), invece, hanno tempi di permanenza intravascolare più protratti e richiedono volumi sensibilmente più bassi. Ottengono, quindi, il medesimo effetto dei cristalloidi in minor tempo.

L’ultima alternativa è rappresentata dal sangue e dai suoi sostituti. Si tratta di liquidi che trasportano ossigeno, generalmente a base di emoglobina.

Perché avere un lume power injectable (o CT-rated)?

Per ottenere una visualizzazione più dettagliata di un organo, è possibile optare per l’esecuzione di test diagnostici specifici, quali la tomografia computerizzata (TAC), la risonanza magnetica o l’angiografia. In questi test, viene somministrato un mezzo di contrasto al paziente con l’intento di evidenziare l’organo di interesse, consentendo un’analisi più approfondita dei suoi contorni, delle dimensioni e della vascolarizzazione.

Dunque, la tecnologia power injectable è stata sviluppata per soddisfare la necessità di somministrare mezzo di contrasto a elevate pressioni durante esami strumentali, evitando danni al catetere. Ogni catetere ha specifici flussi massimi e limiti di pressione, conformi alle indicazioni del produttore. I protocolli relativi all’infusione del mezzo di contrasto richiedono quantitativi compresi tra 75 e 150 mL di mezzo CT, con un flusso variabile tra 3 e 5 mL/sec.

Attualmente, la maggior parte dei produttori sconsiglia l’uso dei cateteri venosi centrali standard per l’infusione di mezzi di contrasto, poiché potrebbero verificarsi rischi quali la rottura del catetere, il suo spostamento, lo stravaso del mezzo di contrasto, il malfunzionamento del catetere venoso centrale o la trombosi. Pertanto, è essenziale disporre di un catetere venoso centrale in grado di sopportare tali valori di flusso e pressione.

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Virna Di Paolo

Soy especialista de producto en las Unidades de Negocio de "Cuidados Críticos" y "Control del Dolor en la Vía Aérea" y me ocupo tanto de maquinaria como de dispositivos médicos desechables, principalmente para cuidados intensivos y quirófanos. Después de graduarme en Ingeniería Biomédica en el Politécnico de Milán, siguiendo el curso especializado en "Células, Tejidos y Biotecnología", me uní a la familia Vygon, gracias a lo cual puedo proporcionar un apoyo activo a los médicos y una contribución positiva a los pacientes, el centro de nuestra empresa.
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