Il posizionamento del catetere arterioso periferico è ad oggi una delle procedure più utilizzate nei reparti di terapia intensiva e sale operatorie. Solitamente posizionato in arteria radiale con tecnica blind, spesse volte diventa sia per l’operatore che per il paziente più un problema che una risorsa.
Se ben posizionato e funzionante (accuratezza nella lettura della forma d’onda con segnale stabile anche dopo il flush senza necessità di alcuna mobilizzazione o stabilizzazione dell’arto), invece, aiuta ad ottimizzare il carico di lavoro di medici ed infermieri, facilita i prelievi di sangue e fornisce un accurato e continuo monitoraggio emodinamico.
Come ottimizzare il segnale pressorio attraverso un corretto accesso arterioso
Adottare un approccio proattivo al posizionamento di un accesso arterioso andrà a ridurre i fenomeni di risonanza e smorzamento che potrebbero condizionare le scelte terapeutiche fatte sul principio del Gold Directed Therapy [1].
Come suggeriscono anche le linee guida SIAARTI sulla ‘gestione emodinamica perioperatoria del paziente adulto in chirurgia non cardiaca’, la somministrazione di fluidi e vasopressori dovrebbero essere basati sui valori di indice cardiaco (CI), variazione dello stroke volume (SVV), variazione della pressione di picco (PPV), apporto di O2 (DO2), resistenze vascolari periferiche (SVR).. e non solamente dai tradizionali segni vitali [2].
Mentre fino a qualche anno fa queste informazioni erano di difficile rilevazione in quanto richiedevano devices molto più invasivi, ad oggi esistono tecnologie all’avanguardia e meno invasive che si basano sull’analisi della forma dell’onda di pressione arteriosa: pulse contour method.
Si fa presto quindi a capire quanto sia importante se non fondamentale avere una forma d’onda più ‘pulita’ e realistica possibile.
Arteria radiale: come eseguire un corretto posizionamento
Anatomia dell’arteria radiale
L’arteria radiale può avere a volte anomalie anatomiche, essere tortuosa, collassabile e mobile, tutto ciò può influire sul tasso di insuccesso solitamente <10% ma che può raggiungere anche il 50% in pz in stato di shock. Ripetute punture oltre a far perdere del tempo, possono essere causa di discomfort per il paziente, aumentare il rischio di ematomi e causare spasmi all’arteria, rendendo ancora più difficile il suo incannulamento.
L’utilizzo dell’eco riduce del 32% l’insuccesso dell’incannulazione al primo tentativo e del 61% la formazione di ematoma [3].
Eco-guida e AIM method
L’utilizzo della guida ecografica per la cateterizzazione dell’arteria radiale, oltre a preservare la salute del vaso, può supportarci anche nella scelta della zona da pungere. A questo scopo l’AIM (arterial insertion method) può fare al caso nostro promuovendo un approccio sistematico che prevede l’utilizzo di un ecografo per valutare l’arteria radiale ad una distanza di circa 4cm dal polso, nella zona conosciuta come ‘Chi’ (Cheok) in cui l’arteria è più grande, profonda e distante dall’articolazione [4].
Questa zona essendo lontana dall’articolazione è meno influenzata dal movimento ed offre maggior spazio per il fissaggio, il che ci garantisce maggior stabilità dell’accesso con conseguente riduzione di complicanze meccaniche ed infettive, preservando la performance del catetere e di conseguenza la sua vita [4-5].
Test di Allen
Prima del posizionamento della cannula arteriosa periferica radiale è importante valutare il circolo collaterale. Il metodo più utilizzato è il Test di Allen che nonostante i suoi limiti (soggettivo, range di riperfusione elevato (5-15sec), non applicabile in pz non collaboranti), risulta comparabile al Barbeau test ed al controllo con gli ultrasuoni.
Sta quindi all’operatore la scelta su quale utilizzare ma è consigliabile, in caso di Allen dubbio, il controllo con eco color doppler [6]
Come scegliere il corretto device arterioso
Oltre alle valutazioni relative all’anatomia dell’arteria radiale ed a quale sia il migliore approccio, è fondamentale tenere in considerazione anche alcuni aspetti legati alla scelta del dispositivo da utilizzare.
Infatti, materiale, calibro e lunghezza sono altri fattori che influenzano la durata e la performance del sistema di lettura.
· Materiale
Un materiale troppo termosensibile (poliuretano PUR) tenderà a modificare la propria struttura, troppo rigido (teflon PTFE) tenderà a rompersi. Il polietilene (PE) potrebbe essere l’ideale per il monitoraggio emodinamico in quanto essendo un materiale intermedio per le sue proprietà di durezza e memoria permette di mantenere nel tempo una buona trasmissione dell’onda pressoria arteriosa.
· Lunghezza e calibro
In base alla formula del coefficiente di assorbimento, un catetere troppo lungo contribuirà a smorzare la forma d’onda mentre un catetere troppo corto tenderà a dislocarsi più facilmente.
Stessa cosa riguardo il calibro, più grande è meglio, ma troppo occluderà il flusso arterioso con conseguente trombosi ed ipoperfusione dell’arto [7].
Il giusto compromesso risulta essere una lunghezza tale da garantire il 65% del catetere all’interno del vaso [8] e un calibro tale da non occludere più del 45% del lume del vaso [9-10].
· Tecnica di inserzione
Per quanto riguarda la tecnica di inserzione, nonostante vari autori indicano di mantenere un angolo tra 45° e 30° è consigliabile, solitamente con l’aiuto di una guida ecografica con puntura in plane asse lungo, adottare un’angolazione minore (tra 15° e 30°) così da aumentare il tratto sottocutaneo prima dell’ingresso nel vaso, tale da rendere il catetere più stabile con conseguente riduzione di complicanze meccaniche ed infettive [11]. Da evitare comunque l’inserzione del catetere con un angolo >45° in quanto si aumenterebbe il rischio di kinking con conseguente riduzione di accuratezza nel monitoraggio emodinamico.
*Used with permission from Imbrìaco et al. [18]
*Used with permission from Imbrìaco et al. [18]
Come ridurre al minimo il rischio di sposizionamento
Ultimo punto da non sottovalutare una volta posizionato il catetere è il rischio di rimozione accidentale e dislocamento. Basti pensare che del 20,4% dei cateteri rimossi accidentalmente il 65,3% ha richiesto il riposizionamento per poter continuare la terapia o monitoraggio [12].
La principale causa è imputabile ad inadeguata medicazione e stabilizzazione per la quale da sempre vengono utilizzati i più svariati metodi, da punti di sutura a cerotto (sterili e non), da sutureless devices a medicazioni in film di poliuretano.
Mentre le suture non sono più considerate un appropriato metodo di fissaggio ed il loro approccio è considerato ormai una pratica obsoleta in quanto associate a sanguinamento, rischio di puntura da parte dell’operatore, ripetuti cambi di medicazione, crescita di biofilm ed aumentato rischio di infezione del sangue associata a catetere [9-13], una recente revisione non ha trovato prove a sufficienza per suggerire un fissaggio rispetto ad un altro, se non l’utilizzo di una medicazione trasparente semipermeabile in poliuretano che permetta la visualizzazione del punto di inserzione [14].
Da valutare invece l’utilizzo di colla cianoacrilato per i suoi vari benefici (riduce il sanguinamento, stabilizza il catetere, riduce il rischio di infezione) [15-16-17].
La funzionalità e l’affidabilità del dispositivo arterioso sono essenziali per garantire l’accuratezza del monitoraggio emodinamico continuo, consentire frequenti prelievi ematici, evitare disagi e dolore al paziente, ottimizzare il carico di lavoro degli operatori sanitari.
Ad oggi la guida ecografica risulta essere lo standard che assieme alle strategie cliniche sopra elencate fornisce all’operatore elementi diretti e di facile applicazione definiti dall’acronimo RADIALS [18], protocollo descritto nello studio Imbrìaco et al., che estendono l’effettiva durata del presidio riducendo al contempo le complicanze prevenibili.
*Used with permission from Imbrìaco et al. [18]
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