Come migliorare la gestione delle linee infusionali?

Vygon Italia

21 Giu, 2022

Un paziente in terapia intensiva riceve in media 13 diversi farmaci al giorno, 7 dei quali per via endovenosa.

Risulta quindi molto complicata la gestione di una linea infusionale di questo tipo, attraverso la quale vengono somministrate diverse tipologie e quantità di farmaci: sedazione, liquidi, nutrimento, antibiotici, inotropi etc.

Tipicamente queste somministrazioni sono classificate come ad alto rischio, in quanto richiedono il controllo preciso di farmaci che spesso hanno un indice terapeutico basso (in farmacologia un indice basso corrisponde ad un maggior rischio per il paziente, viste le dosi potenzialmente letali con minor quantitativo di farmaco); per questo motivo è di fondamentale importanza ridurre al minimo gli spazi morti, gli eventuali reflussi e i collegamenti superflui che potrebbero generare confusione in fase di gestione e rendere inefficace la terapia somministrata.


Inoltre, alcuni di questi farmaci sono incompatibili tra loro ed è spesso necessario effettuare un lavaggio; questa operazione, se ripetuta più volte nel corso della giornata, può generare problemi di eccessivo riempimento fluidico del paziente e generare effetti iatrogeni quali ad esempio problemi a carico dei reni. 


Un’altra problematica in cui si incorre in reparti ad alta intensità è rappresentata dalle difficoltà di configurare le linee infusionali; si pensi ad esempio ad una serie di rampe e rubinetti, alle quali ad ogni porta è associato un uso.

utilizzo di prolunghe multilume

Figura 1

In situazioni come quella mostrata in figura 1 non è sempre facile riuscire ad identificare correttamente tutte le linee e gestire correttamente la complessa configurazione, con il rischio di incorrere in complicanze a volte anche molto serie come l’infusione incontrollata di un farmaco o al contrario una dose di farmaco insufficiente per via di spazi morti elevati, reflussi e miscela di farmaci non compatibili tra di loro.

Tutte le problematiche appena descritte possono venire limitate (se non in alcuni casi addirittura eliminate) mediante l’utilizzo di prolunghe multilume.


Approfondiamo di seguito alcuni reparti o applicazioni in cui la gestione della linea infusionale viene resa ancora più complicata dalle tipologie di farmaci somministrati o dalle particolarità dei pazienti stessi.

TIVA

La TIVA (Total Intravenous Anesthesia) è un’anestesia generale che utilizza l’iniezione di farmaci sedativi per via totalmente endovenosa. Questa metodologia viene sfruttata soprattutto durante chirurgie delle vie aeree, ma può essere adottata anche in neurochirurgia, in chirurgia ambulatoriale, in pazienti a rischio nausea e vomito post- operatorio (PONV), in pazienti obesi o anziani, e comunque in tutti quei casi in cui l’anestesia gassosa non può essere applicata.

Una delle modalità di somministrazione della TIVA è la metodica TCI (Target Controlled Infusion), che prevede l’infusione continua e controllata di farmaci tramite pompa siringa. Attraverso un computer viene selezionato un target da raggiungere, la pompa in automatico infonde fino a raggiungerlo e poi lo mantiene costante per tutta la durata necessaria.


Come nel caso delle infusioni in terapia intensiva, anche in questa situazione i farmaci utilizzati hanno un basso indice terapeutico, e di conseguenza il controllo delle quantità infuse è di primaria importanza.

Con un set up della linea che prevede prolunghe, rampe e rubinetti, diventa quindi fondamentale la gestione degli spazi morti, la previsione dei ritardi nell’azione del farmaco o la possibile inefficacia del trattamento per via della sua dispersione.

Oltre a queste problematiche, non si può non considerare la possibile interazione tra il farmaco e il materiale di cui è composta la linea.
Studi hanno dimostrato che il Propofol, uno degli ipnotici più utilizzati in contesti TIVA, a contatto prolungato con il PVC (polivinilcloruro) viene parzialmente assorbito da questo. L’assorbimento causerebbe quindi una somministrazione di sedativo minore rispetto a quella impostata tramite TCI.

Una linea composta da rampe e rubinetti è priva di valvole anti-reflusso, non è quindi in grado di prevenire il ritorno dell’infusione, evento che porterebbe al rischio di non raggiungere il target impostato.

Le linee guida per la pratica della TIVA sottolineano inoltre l’importanza di avere valvole anti-reflusso, e di avere una linea quanto più vicino possibile al paziente, per prevenire quel ritorno dell’infusione che in una linea composta da rampe e rubinetti può verificarsi:

“Laddove viene somministrata più di un’infusione attraverso una singola cannula IV (o un singolo lume del catetere venoso centrale) dovrebbe essere presente una valvola anti-reflusso per impedire il flusso retrogrado del farmaco nella prolunga di infusione. È particolarmente importante che questa sia presente su una linea IV per la somministrazione fluidica. Le linee di farmaci e fluidi devono collegarsi il più vicino possibile al paziente, per ridurre al minimo lo spazio morto in cui un farmaco può accumularsi anziché entrare nel circolo ematico.”


Al termine dell’intervento (e quindi dell’anestesia), tutta la linea infusionale verrà rimossa prima del trasferimento del paziente ad altro reparto; qui verrà creato quindi un nuovo set up per la gestione infusionale post-operatoria.


Risulta quindi chiara come per una corretta e sicura pratica della TIVA sia fondamentale utilizzare una linea infusionale compatta, dotata di sistemi di sicurezza come valvole anti-reflusso e connettori needleless, che garantiscano al personale una gestione più semplice ed efficace e riducano i rischi per il paziente.

Neonatologia

Il corretto setting della linea infusionale e la sua gestione, così come descritto in precedenza per reparti quali terapia intensiva e blocco operatorio, gioca un ruolo ancor più essenziale nei reparti di neonatologia e terapia intensiva neonatale.


Qui, infatti, sono ricoverati piccoli pazienti che possono talvolta non arrivare al chilo di peso, e che hanno bisogno di infusioni multiple come nutrizione, antibiotici, sedativi e altri ancora. Inoltre, i neonati prematuri hanno un sistema immunitario non ancora sviluppato, e quindi sono molto più soggetti a contrarre infezioni.

Un neonato ha in media una quantità di sangue che si aggira intorno agli 80 ml/kg; quindi, il personale sanitario in questi reparti si trova a dover programmare terapie avendo a che fare con volumi di sangue molto piccoli.

Con volemie così basse è quindi facile comprendere l’importanza di un perfetto controllo dell’infusione; a complicare ulteriormente la situazione si aggiunge la somministrazione di farmaci con un alto indice terapeutico.
Spesso però il tema della gestione e del controllo delle infusioni non è affrontato con l’adeguata attenzione che invece richiederebbero pazienti così delicati.

Una linea mal assemblata, con molti rubinetti e rampe (spesso superflue) può infatti generare problemi molto gravi. 

Le dosi ridottissime di farmaci e i bassi flussi infusionali richiedono una corretta ottimizzazione del setting della linea per evitare ritardi indesiderati nei tempi di infusione, oppure il non raggiungimento delle concentrazioni necessarie per via di spazi morti eccessivi.


Un altro problema, opposto al precedente, è quello di infondere boli incontrollati di farmaci. Può capitare infatti che lo spazio morto presente nel circuito sia sufficiente a far sì che, a seguito di infusione, la quantità di liquido rimasta precedentemente nei tubi venga inavvertitamente infusa come bolo alla successiva infusione.

Per ottimizzare al meglio la linea e ridurre i rischi sopra descritti sarebbe preferibile introdurre prolunghe dotate di valvole anti-reflusso. Queste, infatti, essendo unidirezionali e con un volume di riempimento minimo, garantiscono che la dose infusa raggiunga interamente il paziente senza il rischio di backflow (flusso retrogrado), cosa che si verifica ad esempio alla deconnessione della siringa se la linea non viene correttamente clampata.

Anche all’interno delle linee guida NANN (National Association of Neonatal Nurses) del 2015 sulla gestione pratica dei cateteri PICC (Catetere Centrale ad Inserzione Periferica) viene consigliata la sostituzione dei rubinetti con i connettori needleless:

“Eliminare i rubinetti dai tubi e al loro posto utilizzare connettori needleless che vanno sempre puliti vigorosamente con alcol, clorexidina o povidone prima del collegamento…”

Per prevenire il più possibile i rischi di infezione, limitare gli spazi morti e i volumi di priming delle linee, garantire l’unidirezionalità dei flussi e controllare con precisione le quantità di farmaci infusi è essenziale progettare la linea con attenzione e utilizzare dispositivi di sicurezza.

Ostetricia

Un altro reparto cui è fondamentale prestare massima attenzione alla gestione infusionale e alla cura della linea è quello ostetrico. In particolare, l’argomento assume assoluta rilevanza nei casi in cui si rende necessario indurre il parto.

Le condizioni per le quali questo si verifica sono molteplici: gravidanza post-termine, rottura prematura delle membrane, diabete, gravidanza gemellare, disturbi ipertensivi…
Nel 2016 in Italia nel 20.6% dei parti è stato fatto ricorso all’induzione, come risulta dai dati del Ministero Della Salute pubblicati nel 2019. Nel corso degli anni questa pratica ha subito un incremento notevole, come mostrato nel seguente grafico pubblicato dall’NHS (National Health Service), relativo all’andamento delle nascite avvenute negli ospedali inglesi:


Si è passati infatti da un 20% del 2007-2008 a più del 30% nel 2017-2018. Questi dati indicano come l’argomento sia più che mai di attualità e richieda particolare attenzione.


Per indurre il parto il farmaco più utilizzato è l’Ossitocina, un ormone normalmente secreto dall’organismo, che ha tra le altre funzioni quella di indurre le contrazioni uterine che danno luogo al travaglio e successivamente al parto. Tuttavia, l’infusione di Ossitocina non è esente da rischi; questo farmaco, infatti, se utilizzato impropriamente può generare danni anche molto importanti:

  • alla madre può provocare effetti come aritmia cardiaca, ipertensione, rottura uterina, emorragia postpartum
  • al feto può provocare ittero, emorragia retinica e bassi punteggi nella scala Apgar.

L’infusione di Ossitocina è considerata a medio rischio per l’indice terapeutico basso che caratterizza questo farmaco. Tuttavia, le linee guida parlano di utilizzo controllato sempre associato ad un monitoraggio fetale continuo:

  • Induzione al travaglio di parto – Realizzato dalla Fondazione Confalonieri
    Ragonese su mandato SIGO, AOGOI, AGUI – 2016

“L’OT è il più comune farmaco al mondo utilizzato per l’induzione del travaglio di parto. Può essere utilizzata in infusione continua o pulsatile, in associazione o meno con l’amniorexi…
…La posologia raccomandata non è conosciuta ed esistono diversi protocolli con somministrazione sia ad alto che a basso dosaggio. È raccomandato il monitoraggio in continuo della frequenza cardiaca fetale (FCF) e dell’attività contrattile uterina in corso di infusione con OT… …Nel 2008 “The Institute for Safe Medication Practices” (ISMP) ha incluso l’OT in una lista di 11 tra i farmaci “a più alto rischio di danno in caso di utilizzo non appropriato e che richiede pertanto specifiche misure per ridurre il rischio di errore”, tra i quali quello di adottare protocolli e linee guida di utilizzo. L’utilizzo inappropriato di Ossitocina è infatti tra le principali cause di contenzioso medico-legale in ostetricia. L’impiego di protocolli a basse dosi in cui l’infusione di OT è correlata alla risposta materno-fetale, il tutto documentato in una check-list, migliora gli esiti materno-neonatali.”

In un articolo del 2017 pubblicato sulla rivista “La Revue Sage-Femme”, in cui vengono riassunte le raccomandazioni per il corretto utilizzo dell’Ossitocina durante il travaglio spontaneo, viene sottolineato come debba essere fatto ricorso ad essa solo in reparti ostetrici nei quali sia posta attenzione ai protocolli di somministrazione. Inoltre, per una corretta infusione endovenosa, si deve ricorrere a sistemi per il controllo delle dosi dotati di valvole anti-reflusso. Massima attenzione nell’utilizzo di tale farmaco e adozione di protocolli ben precisi possono garantire efficacia terapeutica e sicurezza per il paziente.

Alle problematiche dovute all’infusione di Ossitocina si associano infine tutte le problematiche tipicamente correlate ad un accesso vascolare, di cui si è ampiamente discusso nei precedenti paragrafi. Infatti, anche in un reparto come quello ostetrico il controllo delle infezioni, degli spazi morti, delle linee infusionali, dei flussi retrogradi, dei boli incontrollati o dei ritardi negli effetti dei farmaci è importante e non va sottovalutato.

EVITARE COMPLICANZE E MIGLIORARE LA GESTIONE DELLE LINEE INFUSIONALI

Il ricorso quindi ad accessori come prolunghe con connettori needlefree, eventualmente dotate di valvole anti-reflusso, a differenza dell’utilizzo di collegamenti complessi composti da prolunghe, rubinetti e rampe, garantisce una più semplice ed efficace gestione della linea, una sicurezza maggiore per l’operatore sanitario e un miglior outcome per il paziente trattato.

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