L’evoluzione dell’ossigenoterapia 

Vygon Italia

27 Mag, 2022

L’ossigenoterapia è un’importante risorsa terapeutica utilizzata nei pazienti con ipossiemia, sia in regime di ricovero che ambulatoriale. La storia dell’ossigeno, dalla sua scoperta alla sua applicazione clinica nei pazienti con malattie polmonari croniche, rappresenta un viaggio lungo e ricco di eventi. 

In un periodo di tempo relativamente breve, i primi ricercatori non solo hanno scoperto l’ossigeno, ma hanno anche riconosciuto la sua importanza per la vita e il suo ruolo nella respirazione. L’ossigeno è di fondamentale importanza per la vita su questo pianeta e per la cura di pazienti con disturbi respiratori.  

STORIA DELL’OSSIGENOTERAPIA 

Nel 1771, il chimico e farmacista svedese-tedesco Carl Wilhelm Scheele scoprì l’ossigeno in laboratorio e lo chiamò “aria di fuoco”. Tuttavia, per molti anni questa scoperta fu erroneamente attribuita a Joseph Priestley, un teologo inglese del XVIII secolo. 

D’altra parte, ad Antonie Lavoisier, pur non essendo il suo scopritore, si deve il merito di aver fatto progredire le conoscenze scientifiche sulla natura chimica dell’ossigeno e sul suo ruolo nella normale respirazione. Nel 1775, grazie alla comunicazione con Priestley e Scheele, fu in grado di ripetere i suoi esperimenti utilizzando apparecchiature di laboratorio più sofisticate e di dare alla sua “scoperta” il nome di ossigeno, dimostrando che si trattava di un elemento chimico

Inoltre, partendo dal presupposto che fosse essenziale per tutti gli acidi, propose il ruolo dell’ossigeno nell’ossidazione dei metalli e nella respirazione, dimostrando che l’ossigeno veniva assunto dall’organismo durante l’inspirazione per consentire la lenta combustione dei substrati organici e che l’anidride carbonica veniva espirata come sottoprodotto. 

APPLICAZIONE DELL’OSSIGENO IN MEDICINA 

Dopo la sua scoperta, è stato rapidamente riconosciuto il valore potenziale dell’ossigeno per i pazienti affetti da patologie respiratorie. Thomas Beddoes, considerato il padre della terapia respiratoria, lavorò con l’inventore James Watt alla generazione di ossigeno e altri gas. Nel 1798 aprì un Istituto di Pneumologia a Bristol, in Inghilterra, nel quale veniva utilizzato ossigeno e protossido d’azoto per trattare asma, insufficienza cardiaca congestizia e altre malattie. 

Nel 1868 vennero sviluppate le prime bombole per la conservazione dell’ossigeno, consentendone l’uso nell’anestesia generale. Nel 1885, George Holtzapple utilizzò l’ossigeno per trattare un giovane paziente affetto da polmonite, stabilendo così il suo ruolo nella terapia intensiva

Nel XX secolo, la spedizione di Haldane al Pike’s Peak nel 1911 generò le prime descrizioni degli effetti dell’ipossia.

Nel 1907, Arbuthnot Lane ideò un tubo di gomma che fungeva da catetere nasale per la somministrazione di ossigeno e Haldane sviluppò il design delle attuali maschere per l’ossigeno. Alvan Barach continuò a perfezionare altri sistemi di somministrazione dell’ossigeno e fu il primo nell’era moderna a parlare dell’uso dell’ossigeno a sostegno dei pazienti ospedalizzati con polmonite. Sia Barach che Haldane svilupparono delle maschere con valvole in grado di diluire l’ossigeno con l’aria dell’ambiente consentendo di regolare le concentrazioni di ossigeno erogate. Barach sviluppò anche caschi per fornire ai pazienti una pressione positiva costante nelle vie aeree

Barach gettò così le basi per l’uso della LTOT nelle malattie polmonari croniche. Nel 1936 osservò che: 

“L’ossigenoterapia, nei casi adatti, allevia le difficoltà respiratorie, ripristina le forze e aiuta a ridurre il gonfiore delle gambe e della schiena del paziente”. 

Progettò ed utilizzò poi i primi dispositivi portatili per l’ossigeno per i pazienti affetti da enfisema. Negli anni ’50 utilizzò bombole di ossigeno ricaricate per i pazienti con dispnea da sforzo. Nello stesso periodo, Coats, Gilson e Pierce utilizzarono l’ossigeno in piccole bombole portatili di gas compresso, osservando un miglioramento soggettivo dei sintomi nei pazienti con malattie polmonari. 

L’ORIGINE DELLA MODERNA OSSIGENOTERAPIA 

Nei primi anni del XX secolo, due fisiologi, Adolph Fick (tedesco) e Paul Bert (francese), fecero grandi progressi nella fisiologia di base dell’ossigeno, descrivendo la tensione in termini di unità di pressione parziale. Utilizzarono queste unità per descrivere la differenza di ossigenazione tra sangue arterioso e venoso, mettendo in relazione questa differenza con il consumo di ossigeno dei tessuti e la gittata cardiaca; descrissero inoltre la tossicità sul sistema nervoso centrale di elevate pressioni parziali di ossigeno.

Haldane pubblicò “La somministrazione terapeutica dell’ossigeno” all’inizio del 1917 e questo articolo rappresentò l’origine dell’uso razionale dell’ossigeno. Haldane descrisse in dettaglio la regolazione dell’impulso respiratorio da parte dell’anidride carbonica e i suoi effetti sulla concentrazione di ioni idrogeno nel sangue. Spiegò il concetto di anossia, che classificò di tre tipi: eccesso di ossigeno, mancanza di emoglobina e mancanza di circolazione. Incluse anche note sull’anossia tissutale e non ematica nell’avvelenamento da monossido di carbonio. 

In quest’ultima situazione le concentrazioni di anidride carbonica non aumentano perché l’anidride carbonica è più solubile dell’ossigeno. La sua soluzione all’ostacolo “dell’ossigeno attraverso le pareti alveolari” è quella di “aumentare la percentuale di ossigeno nell’aria alveolare e quindi aumentare la pressione di diffusione”.

Oggi troviamo questa terminologia obsoleta e semplicistica, ma questi progressi hanno rappresentato un grande balzo in avanti nella gestione dell°ossigenoterapia.  

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